C’era una volta in America un programma chiamato D.A.R.E (educazione
per la lotta contro l’abuso delle droghe), progetto di ‘prevenzione ed
educazione’ condotto dai soldati che ogni giorno combattono in prima
linea la guerra alla droga. L’acronimo era velocemente apparso sulle
insegne di tutte le scuole medie, sulle magliette di milioni di ragazzi
e soprattutto su quelle dei loro genitori. Era in sostanza il pilastro
del programma federale di prevenzione alle droghe, in una guerra che
altrimenti si continua a combattere quasi esclusivamente sul fronte
della repressione. E’ D.A.R.E. che ha reso famosi slogan come "Say no
to drugs" (di’ no alle droghe) e che ha promosso campagne di
informazione shock, come quel celebre spot televisivo sbeffeggiato da
decine di milioni di giovani in cui un ragazzo perde la memoria,
picchia i genitori e si isola dal mondo dopo aver provato un tiro di
marijuana. Sempre D.A.R.E. ha promosso i test obbligatori antidroga per
gli studenti ed i controlli delle unita’ cinofile nelle scuole.
Ma poi e’ arrivata la scienza, quella impietosa forza terrena che
troppo spesso rovina la festa allo slancio ideologico. Studio dopo
studio, e’ stata dimostrata la totale inefficacia di D.A.R.E. Anzi,
secondo diverse indagini, dove c’e’ D.A.R.E. c’e’ piu’ droga. Perche’
tutto questo? Secondo i ricercatori (quei maledetti guastafeste), vi
erano sostanzialmente due grossi problemi con il programma. Per prima
cosa, la tecnica della paura, basata su informazioni esagerate ed
allarmistiche sugli effetti delle singole sostanze, ha un effetto
contrario a quello auspicato. Molti, moltissimi studenti hanno fumato
uno spinello, e sanno benissimo che non vi e’ alcun rischio di
trasformarsi in serial killer o di morire. Soprattutto, il programma
non era condotto da esperti della materia (medici, operatori sanitari,
etc.), ma da agenti di polizia, che ovviamente interpretano la
tossicodipendenza come questione essenzialmente militare. Un mix
letale, secondo gli scienziati, che ha portato rapidamente alla quasi
scomparsa di D.A.R.E. dalle scuole statunitensi.
Nel 1993, quando D.A.R.E. andava ancora per la maggiore, ho avuto modo
di partecipare ad uno di questi seminari scolastici nella scuola
superiore che frequentavo all’epoca. Era evidente dai commenti dei miei
compagni di classe che l’evento aveva tre principali funzioni: saltare
qualche ora di lezione, deridere le affermazioni stravaganti sugli
effetti mortali della marijuana (magari dandosi appuntamento a ‘sfidare
la morte’ all’uscita dalla scuola) e infine soddisfare la cuorisita’
adolescenziale per le armi da fuoco. Il seminario termino’ con una
lunga sequela di richieste al malcapitato poliziotto di mostrare la sua
pistola d’ordinanza.
Ma tutto questo e’ accaduto in un Paese lontano lontano. E cosi’, come
se niente fosse, nel nostro Paese diamo oggi vita a programmi di
‘prevenzione’ che ricalcano le tecniche di D.A.R.E. A Varese, sono
addirittura i cani antidroga ad impartire lezioni agli studenti. ‘La
droga a scuola non può essere tollerata’, e per prevenire il consumo di
droga, lo scorso 22 aprile e’ stata offerta una dimostrazione agli
studenti delle medie di Varese da parte della forze dell’ordine. ‘Un
modo per far loro vedere cosa succede a chi infrange la legge’, riporta
un quotidiano locale. Dopo un corso teorico in aula condotto da un
maresciallo della Guardia di Finanza, sempre secondo le cronache
locali, i cani antidroga si sono esibiti nella ricerca di sostanze
illegali, per poi simulare un arresto con tanto di tentativo di fuga.
Insomma, un D.A.R.E. in versione cinofila. Dai kit antidroga
distribuiti gratuitamente alle famiglie, alle ispezioni di polizia
nelle scuole, l’Italia di oggi sta imitando gli Stati Uniti di ieri.
Mi chiedo, ma come e’ possibile tutto questo alla luce dell’esperienza americana? Dopo averci riflettuto un po’, credo di aver trovato le risposte:
1. I marescialli della Guardia di Finanza, i dirigenti
scolastici e gli amministratori locali hanno forse qualche lacuna con
l’inglese. Cio’ inibisce l’accesso agli studi sulle tossicodipendenze
pubblicati sulle riviste scientifiche internazionali (ammesso e non
concesso che siano comunque di loro interesse).
2. I promotori del D.A.R.E. all’italiana possono contare sulla
condizione disastrata della ricerca scientifica nel nostro Paese.
Insomma, meno studiosi fra le scatole che potrebbero dimostrare
l’inefficacia e addirittura la pericolosita’ del loro operato.
3. E’ innegabile che mandare uomini armati e cani antidroga
nelle scuole abbia un suo fascino elettorale, in particolar modo per
quei genitori comprensibilmente terrorizzati dalla retorica mediatica
dell’emergenza continua (emergenza che, per la quasi totalita’ della
comunita’ scientifica internazionale, e’ spesso causata da leggi e
programmi ispirati alla sola repressione piuttosto che alla prevenzione
e alla riduzione sanitaria del danno).
Che fare? Sinceramente, anche alla luce di cio’ che sta
accadendo nel mondo della politica parlamentare, non lo so. Le chance
che un Governo italiano, di qualsiasi parte politica, segua le
indicazioni degli operatori e degli studiosi della tossicodipendenza,
sono pari a zero. Dovremo quindi attendere che sia l’Europa ad indicarci (o imporci) nuovi strumenti per la lotta alle dipendenze.
Nel frattempo, c’e’ solo da augurarsi che il ‘D.A.R.E. di noi altri’
non dia vita ad una nuova generazione di giovani diffidenti e quindi
indifferenti alle istituzioni e ai propri genitori. Perche’ questo e’
il rischio che corriamo ogni volta che l’educazione si basa sulla paura
e sul sospetto, piuttosto che sul rispetto dell’intelligenza e sulla
fiducia.